Capita che gli adulti puntino il dito contro i comportamenti dei giovani. Ma dovrebbero prima guardare a se stessi, perché le nuove generazioni sono anche il frutto del lavoro educativo (o della latitanza) delle precedenti.
di NANDO CIANCI
Ogni discorso sui giovani, da parte delle generazioni adulte, dovrebbe muovere da un duplice atto di onestà.
Da un lato occorre riconoscere che la tendenza a scorgere in quelli della propria gioventù tempi migliori degli attuali è faccenda antica. Nata, probabilmente, molto prima che Cicerone certificasse il rimpianto dei tempi andati con il celebre: «o tempora, o mores»[1]. Questa tendenza ne sottende un’altra: se migliori erano i tempi, migliori erano i giovani rispetto a quelli di oggi. Con un secondo corollario: per essere all’altezza dei tempi, i giovani dovrebbero essere come eravamo noi.