Per la città che era stata distrutta dai bombardamenti del 1943 ci voleva uno spazio che segnasse un nuovo inizio; anche gli edifici celebrativi dell’unificazione, durante il Ventennio, erano danneggiati o incompiuti e Pescara ricominciava dalle macerie. Luigi Piccinato, l’urbanista chiamato a disegnare il Piano di Ricostruzione, con i sindaci Giovannucci e Chiola, decise di andare oltre i limiti di uno strumento urbanistico da predisporre per fronteggiare le emergenze e, nella nuova struttura urbana, definì un caposaldo della nuova città, una piazza sull’asse dalla stazione ferroviaria al mare, che sarebbe stata realizzata al posto di due isolati rasi al suolo dalle bombe.
Fu piazza della Rinascita, una grande invenzione urbanistica. Riparata ma aperta, porticata ed assolata, disponibile per l'autorappresentazione della città, come è avvenuto per 80 anni con grande gradimento della gente che l'ha sempre affollata per l'incontro, i comizi, i concerti, le esposizioni di ogni tipo. I cittadini hanno piacere che sia intitolata alla Rinascita, ma più spesso la chiamano “piazza Salotto” perché molto presto assunse quelle funzioni. Proprio la "nobile interruzione" che la separa/unisce alla piazza sul mare è l'espediente che la rende piacevole, raggiunta dalle brezze ma riparata dalle tramontane. A volte si richiama la bella ma diversissima Trieste come città di mare meglio conformata, con la sua grandissima piazza dell’Unità d’Italia; lasciamola alle sue bore, alle sigarette di Svevo ed ai versi di Saba: qui c’è un altro mare, niente Austria, niente grande porto, niente trasformazioni durante i secoli. Questo di Pescara è un segno di rifondazione, alla croce di due assi importanti ed in sequenza con le altre piazze, ognuna caratterizzata per forma e dimensione: da piazza Sacro Cuore (la piazza del mercato, che cambiò nome per la prima chiesa importante sorta a Castellamare) fino a piazza Primo Maggio, intesa come lungo vuoto urbano affacciato sulla Riviera, per estensione come l'Esplanade di Corfù, per monumentale riserbo come la piazza reale di Lisbona, che ritraggono la città dalla riva riconoscendone la preminenza sul costruito.
Purtroppo la porzione di piazza sul lato sud non fu realizzata (doveva sorgervi il nuovo teatro), e l’area fu occupata poi da fabbricati intensivi. Ma per lungo tempo essa rimase uno spazio d’attesa, utilizzato per i circhi e le giostre, e per gli appuntamenti giovanili; ed anche questo ha costruito il fascino del luogo. La piazza a mare, invece, peggiorò il tono dei suoi contorni col prevalere della speculazione verso nord, anche se il fronte sud era caratterizzato dall'hotel Palace, brillante e tempestiva risposta eclettica agli esordi del turismo balneare da parte di Vittorio Verrocchio, visionario progettista ed imprenditore. Poi vennero il padiglione progettato da Eugenio Montuori, in più riprese manomesso e sgarbato, e la demolizione del Teatro Pomponi; che è stata delittuosa non tanto per la qualità dell'edificio ma perché, avendo deciso di condannarlo, non se ne costruì subito un altro. Né si disegnò mai un assetto unitario per quello spazio, deponendovi invece oggetti casuali, orologi spartitraffico ecc., compresa la chiesa (peraltro non priva di un suo carattere architettonico né così estranea al sito). A distanza di tanti anni, quindi, manca ancora una definizione convincente per lo spazio di conclusione sul mare della sequenza di Corso Umberto I; dal lato opposto della strada, dialogante con la sabbia come in un approdo, la “Nave” di Pietro Cascella ne attende i rimandi.
Invece Piazza Salotto ancora conferma la solidità del suo impianto: nonostante la recente pavimentazione abbia sostituito con pietre scure le scaglie di porfido giallo paglierino; nonostante le discutibili fontane che periodicamente vi depongono, con provinciale insignificanza; nonostante alcune non memorabili quinte architettoniche riscattate, tuttavia, dall’affezione ormai collaudata dei cittadini come per “palazzo Arlecchino”. Non tutte però: perché proprio all’imbocco del Corso, l'elegante Palazzo Muzi, e il suo contraltare simmetrico disegnato da Piccinato ne costituiscono un efficace preannuncio.
Dalla zona dei “ cavallucci” dove generazioni di giovani genitori hanno accompagnato i loro piccoli, ai tavolini dei bar eleganti, alle palme prese a riferimento dagli adolescenti per incontrarsi, alle grandi manifestazioni politiche, al semplice ritrovarsi domenicale delle famiglie: il “salotto” di Pescara per quasi 80 anni ha dato espressione alla vita quotidiana di una comunità.