Il Corriere della Sera ha recentemente pubblicato uno «spaccato» di “Touth in Flux” (uno spazio in cui i giovani, sollecitati su alcuni temi, possono “raccontarsi”). Da esso, con tutte le cautele sul suo grado di rappresentatività dell’universo giovanile, prendono spunto diversi articoli presenti ora su questo blog.
di NANDO CIANCI
Non so se a farci sembrare vorticosi i nostri tempi sia soltanto l’accelerazione incontenibile che caratterizza il cammino delle innovazioni tecnologiche. O se, in qualche misura, la sensazione di vortice sia inevitabile quando nei tempi ci si vive in mezzo. Fatto sta che, guardandolo dal 2017, il passato sembra più lento e meno propenso di oggi a cambiare in fretta.
Accade così anche nel nostro gettare lo sguardo alla condizione giovanile del passato (lo fa Roberto Leombroni nella rubrica Quattro passi nella storia). Quello sguardo ci consegna un passato della condizione giovanile sintetizzabile in pochi estesi periodi. L’impressione dell’oggi è, invece, che il variare dello stato delle nuove generazioni si possa misurare in decenni. Addirittura in anni. E la pubblicistica si sbizarrisce nel trovare termini riassuntivi sempre nuovi e, qualche volta, di dubbia utilità. L’ultimo, al quale ci stavamo abituando, “millennial”, sembra già dover cedere il passo ad un altro in gestazione, dice il Corriere sella Sera presentando i primi risultati di “Touth in Flux”.
La natura parziale del lavoro presentato dal quotidiano milanese invita a non abbandonarsi a facili generalizzazioni (già sconsigliabili a prescindere, come ci avverte Bruno Contigiani nella rubrica Vivere con lentezza) e a tener conto che l'universo giovanile si può leggere anche da altre angolazioni e con altri linguaggi [come mostra Nicola Ranieri in Cine(video)teca] . Da esso, in ogni caso, sembrerebbe emergere una generazione, quella degli attuali ventenni, frastornata da un rapporto di odio-amore con i social, nei quali si è immersi e dal quale si vorrebbe riuscire a prendere le distanze (come approfondisce Eide Spedicato Iengo in Mondo liquido).
Disarmata di fronte al flusso abnorme di informazioni e di news provenienti dalla rete, poiché mancano criteri e punti di riferimento per riconoscere falsità, bufale, disinformazioni, manipolazioni. Per discernere ciò che si vorrebbe conservare nel personale patrimonio culturale.
Timorosa di rimanere invischiata in una palude dalla quale diviene sempre più arduo evadere.
Sballottata tra il timore di sottrarsi al flusso della rete (con la solitudine vista come uno spettro) e l’esigenza di uscirne per respirare la fisicità del mondo e stare almeno un po’ con se stessi.
Combattuta tra l’essere “genuini” a tutti i costi, anche convivendo con i propri limiti, e il bisogno di essere apprezzati dagli altri.
Teatro di diverse concezioni del tempo che abitano nell’interiorità di ognuno: quella che lo fa sfumare nell’essere sempre connessi e quella affidata alla capacità umana di avere relazioni e condivisioni con l’altro. Con una punta di nostalgia per quando «le persone avevano più tempo per prendersi cura l’una dell’altra».
Insomma: animi in preda a contraddizioni. Ma le contraddizioni non sono una esclusiva di questi tempi. I quali hanno certamente una loro specificità, data anche dalla invadenza della tecnologia, capace di penetrare ovunque (come ci ricorda Mario Tagliani in Dietro il muro). Ma non hanno inventato la difficoltà di essere giovani. E neanche l'energia creativa che, per converso, i giovani portano con sè (come testimonia Mario Marano Viola in Madre Natura).
E poi: siamo sicuri che il quadro delineato sia di esclusiva pertinenza giovanile? Non è, quella descritta, per certi aspetti anche la condizione degli adulti? Vale a dire dell’uomo nell’era tecnologica, che sta introducendo modi di relazionarsi, di comunicare, di narrarsi (come nota Lia Giancristofaro in Antropologica-Mente), di vivere il tempo che si incontrano e, più spesso, si scontrano con quelli ai quali eravamo abituati? Non è un modo di essere che riguarda tutti, quello che sentiamo traballare e caricarsi di contraddizioni?
Se cosi fosse, sarebbe bene non vivere questo sconquasso come fatalità e ricordare che le contraddizioni abitano da sempre l’uomo. E spesso lo aiutano ad andare avanti. Purché si sia in grado di individuare una bussola.