Le superintelligenze artificiali ci porteranno alla disoccupazione totale? E questa sarà un paradiso o una dannazione per l’uomo? Vantaggi e pericoli di una fantascienza che è già alle porte.
di NANDO CIANCI
Nel gennaio 2015 oltre 400 scienziati, molti dei quali impegnati nella ricerca sull’intelligenza artificiale, lanciarono un appello per metter in guardia popoli e governanti dal pericolo che l’oggetto del loro studio potesse sfuggire al controllo dell’uomo e prendere il sopravvento su di lui[1].
Non abbiamo fatto in tempo a metabolizzare questo rischio, che già ce ne viene proposto un altro, ancor più serio: la “superintelligenza”[2]. Di fronte ad essa l’intelligenza artificiale è una quisquilia, essendone dotate macchine[3] che sanno fare meglio dell’uomo solo in pochi campi, come ad esempio gli scacchi e il poker. Le macchine dotate di superintelligenza artificiale, invece, non solo sapranno fare come o meglio di noi molte cose, ma potrebbero creare esse stesse altre e superiori macchine. La fantascienza, insomma è alle porte. Con tutto il suo carico di ambiguità.
Sono innegabili gli aiuti che le macchine intelligenti danno e possono ancor più dare all’uomo: nel campo sanitario, o in quello dell’assistenza ai disabili e agli anziani, per fare due esempi per tutti. Ma altrettanto evidenti sono gli effetti meno piacevoli. Quelli che mutilano le relazioni umane, ad esempio. Come la progressiva sostituzione, che alcuni “spensierati ingegneri”[4] vorrebbero, delle macchine al docente, al maestro, nel compito dell’insegnamento e dell’apprendimento. Con il che si educherebbero uomini abituati a relazionarsi più con la tecnologia che con i propri simili.
Ancor più gravi sono i pericoli che, in qualche modo, le macchine “superintelligenti” possano sfuggire al nostro controllo. Alla nostra capacità di programmarli in base a valori umani. Dubbi sulla capacità dei tecnici di tenerle sotto controllo (che esse non diventino, in un certo senso, indipendenti dalle decisioni umane). Timore assai forte, considerando il livello attuale dei governanti del pianeta, sulla capacità dei “politici” di comprendere e governare un fenomeno che potrebbe sconvolgere l’esistenza umana. E sulla loro capacità di non indirizzarle a fini bellici, specie se alcuni stati le svilupperanno prima degli altri.
Il primo passo di una, al momento, non rinvenibile saggezza sarebbe, perciò, quello di cooperare, e non di competere, nello studio e nel controllo dell’intelligenza artificiale e dei suoi futuri sviluppi “super”. Ma per far questo bisognerebbe, per l’appunto che nelle relazioni umane e in quelle fra gli stati il principio della cooperazione sostituisse quello della competizione. Il che ci fa capire, sia detto di passaggio, quanto nefasta e cieca sia l’operazione culturale e politica che tende ad instillare il principio della competizione nelle menti dei bambini già dalla scuola. Come se l’ottenere il successo oggi fosse più importante della sopravvivenza del pianeta domani.
Sul tema ci sono, naturalmente, opinioni diverse. C’è chi ipotizza che, con il pieno utilizzo delle superintelligenze artificiali, potremo porci l’obiettivo della “disoccupazione totale”: far lavorare solo le macchine e dedicarci alle cose più piacevoli e interessanti della vita[5].
Altri invece ritengono che l’intelligenza artificiale sia ancora ad uno stadio iniziale[6].
E c’è chi sottolinea il paradosso della sfera economico-produttiva: «Il progresso cancella la classe media, accumulando ricchezze nelle mani delle “grandi sorelle” dell’informatica. E se da una parte l’automazione farà risparmiare i produttori, dall’altra non si avrà più pieno potere d’acquisto. Serve un nuovo modello: conviene mettere un robot al posto di un umano, ma poi chi distribuirà il reddito? Inventeremo robot che comprano. Assurdo»[7].
Il tema, insomma, può essere affrontato dalle diverse angolazioni dell’etica, dell’economia, del lavoro, dell’istruzione e da altri ancora. E riguarda, perciò, il complesso della vita umana e – dato il ruolo che l’uomo si è assunto nella sua conservazione o nella sua distruzione – riguarda anche la Terra e il suo avvenire. Perciò ad esso va rivolta un’attenzione particolare. Lo fanno già alcuni media, molti ricercatori e il mondo dell’economia e dei suoi grandi colossi. Questi ultimi interessati, s’intende, più al profitto che all’etica. Lo fa poco la scuola.
Lo fanno ancor meno governanti e “politici” in genere che continuano a galleggiare sulla schiuma superficiale dei problemi senza mai tentare di sondarne gli abissi. E che in molti casi continuano a guardare il proprio ombelico (i propri interessi particolari) come fosse il centro del mondo e lo difendono a spada tratta. Occorre che si decidano ad alzare lo sguardo da quel punto fisso, prima che a sollevare il loro capo sia la mano fredda di un robot “superintelligente”.
P.s. Nel nostro piccolo, anzi piccolissimo, in questo blog stiamo pensando di aprire una rubrica dedicata all’intelligenza artificiale. Speriamo di farcela.
[1] Cfr. N. Cianci, Viandanti e naviganti. Educare alla lentezza al tempo di Internet, Youcanprint, 2015, p. 74, n. 1.
[2] Su Robinson (inserto di Repubblica) del 7 gennaio 2018 ne parla ampiamente, in un’intervista, Nick Bostrom, autore di Superintelligenza (2014), che a febbraio uscirà anche in Italia. Da tale intervista ho preso diverse informazioni per la stesura di questo articolo.
[3] Con tale termine riassumo l’immenso apparato tecnologico, particolarmente nel campo dell’informatica, di cui oggi l’uomo dispone
[4] La «spensierata inventiva dei tecnici e degli ingegneri» è una celebre espressione di Nietzsche contenuta in Genealogia della morale, Adelphi, Milano, 2013, p. 106. Qui viene riferita a quanti sono portati a ritenere che, per sentirsi all’altezza dei tempi, basti introdurre le nuove tecnologie nelle scuole, senza interrogarsi su quel che ne consegue per adulti e ragazzi.
[5] Ad esempio Bostrom, nella intervista citata nella nota n.1.
[6] Come Yann LeCun, direttore dei laboratori FAIR (Facebook Artificial Intelligence Researchers); cfr. il numero già citato di Robinson.
[7] Amedeo Cesta, presidente dell’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale; anche questa dichiarazione è tratta dal numero di Robinson più volte citato.