Questo sito utilizza i cookies per migliorare l'esperienza utente. Continuando la navigazione accetti l'utilizzo.

 NewsLetter 

Blog collettivo fondato e coordinato da Nando Cianci - Anno VIII   -  2024

LA RESISTENZA NAPOLETANA

ROBERTOLe quattro giornate di Napoli nella ricostruzione dei film di Gentilomo e Loy. L’iconografia del paesaggio napoletano sconvolta dalla guerra e la raffigurazione del popolo napoletano in maniera diversa dai tradizionali stereotipi.

 

Tra i primi episodiFIRMA LEOMBRONI di ribellione ai nazisti, nel corso della seconda guerra mondiale, uno dei pochi che si registrano nel meridione è costituito dall’insurrezione popolare di Napoli del 28 settembre 1943. Un evento che nasce spontaneamente, in un contesto quasi totalmente privo della consapevolezza politica e della direzione organizzativa che caratterizzeranno la Resistenza nell’Italia centro-settentrionale. La rivolta nasce in seguito al rastrellamento effettuato dai tedeschi, al fine di avviare al lavoro obbligatorio tutti gli uomini validi tra i 18 e i 33 anni, e si conclude dopo quattro giorni, prima dell’arrivo degli alleati. Il costo finale è di 162 napoletani morti, per non parlare delle devastazioni subite da una città già prostrata dalla guerra e dai bombardamenti. La maggior parte delle immagini delle Quattro Giornate che ci sono pervenute, come rileva lo storico del cinema Pasquale Iaccio (1998), che ha dedicato un approfondito studio alla cinematografia relativa all’evento, non proviene dalle scarsissime fonti documentarie e fotografiche di cui disponiamo, a causa delle difficoltà in cui versava l’Istituto LUCE subito dopo la caduta del fascismo, ma anche del modo spontaneo e improvviso in cui la rivolta era nata e si era sviluppata, che non si prestava ovviamente alle riprese. Pesò inoltre l’assenza delle Combat-Camera, operatori cinematografici alleati particolarmente attivi nella Napoli del dopoguerra. Esse provengono invece per lo più da due film di finzione: O sole mio! di Giacomo Gentilomo e Le Quattro Giornate di Napoli di Nanni Loy.
O SOLE MIOIl primo (1946), girato a guerra appena conclusa, si caratterizza per l’elevato numero di scene girate in esterni. Il protagonista è il celebre baritono Tito Gobbi (personaggio da film della serie dei “telefoni bianchi”), che appare nelle vesti di un cantante italo-americano. Paracadutato nelle campagne del napoletano, dietro le linee nemiche, nella notte tra il 18 e il 19 settembre del 1943, alla vigilia dello sbarco alleato, egli ha il compito di cantare, in una trasmissione radiofonica, alcune canzoni che contengono messaggi in codice per i partigiani. Contemporaneamente, il cantante prende contatto con i gruppi della Resistenza locale e con semplici cittadini, che alla fine si ritroveranno dietro le barricate, protagonisti dell’insurrezione anti-nazista. Il film di Gentilomo, sparito dalla circolazione e ritenuto perduto per molti anni, è stato definito una vera e propria “sceneggiata resistenziale”, nata dalla fusione del genere musicale a sfondo regionalistico (particolarmente in voga in quegli anni) con quello storico. Sebbene sia stato additato come un esempio di cinema neorealista, il film presenta un impianto prevalentemente melodrammatico (secondo la moda dominante nel periodo pre-bellico), basato su un colore popolare che però non degenera mai in populismo. O sole mio! presenta una notevole ricchezza di frammenti di documentario, preziosissimi per lo storico, girati subito dopo la liberazione della città. Questi ultimi, in particolare, hanno fatto sì che il film sia diventato nel tempo una sorta di deposito di immagini, a cui hanno attinto numerose successive ricostruzioni delle Quattro Giornate. Di particolare importanza, ad esempio, ai fini del successivo consolidamento del mito dello scugnizzo, è la scena, ripresa da successivi documentari di guerra, di un ragazzino che viene falciato da una raffica di mitra dopo aver lanciato una bottiglia incendiaria contro un carro armato tedesco. Altrettanto efficace, ai fini della descrizione delle metamorfosi subite da tanti soldati italiani passati dal fascismo alla Resistenza, risulta la figura di un capitano reduce dalla campagna di Russia. Particolarmente importante, ai fini della ricerca storica, è inoltre l’attenzione rivolta da Gentilomo alle tre componenti fondamentali della Resistenza napoletana: la prima è costituita dagli ufficiali alleati, che operano soprattutto servendosi del canale comunicativo di Radio Napoli; la seconda (la vera “anima” dell’insurrezione) vede la partecipazione attiva di un nucleo di antifascisti composto da ex militari ed elementi della classe media intellettuale e delle professioni, sganciati dai partiti politici; la terza, infine, è rappresentata dalla componente popolare (in particolare un borsaro nero e altri trafficanti clandestini che, grazie alla partecipazione alla rivolta, riscattano il proprio passato), che però entra in gioco solo successivamente, “trascinata” all’insurrezione dalla parte cosciente dell’antifascismo, alla quale rimane sostanzialmente subalterna. A ciò si aggiunga la capacità del film nel ricreare il clima di paura legato alla presenza dei tedeschi, dei fascisti e delle spie; l’atmosfera degli incontri clandestini; il dramma dei rastrellamenti e delle torture; le esecuzioni sommarie (come quella di un marinaio sulle scale dell’Università); la presenza dei collaborazionisti (in particolare un’operatrice radiofonica), il riferimento ai quali è duramente criticato dal giornale vaticano L’Osservatore Romano, sulla falsariga del principio (più volte richiamato nei confronti del cinema neorealista) che le miserie morali non vadano mostrate sugli schermi. Ma l’efficace verosimiglianza del film consiste soprattutto nella descrizione, oltre che dei luoghi del centro storico della città, che fanno da sfondo alla rivolta, dei vicoli dai muri sbrecciati e dei “bassi”, nei quali combattono i popolani dal volto scavato e dagli abiti consunti, che la cinematografia fascista aveva meticolosamente occultato per decreto durante il ventennio: si tratta di un paesaggio napoletano che vede la propria “iconografia” (da Santa Lucia al NANNI LOYpennacchio del Vesuvio) completamente sconvolta dalla guerra e che esercita un notevole impatto emotivo sul pubblico. Al film di Gentilomo si ispireranno vari film successivi: in particolare le scene finali di Tutti a casa (1960) di Luigi Comencini e la versione cinematografica della commedia Napoli milionaria (1950) di Eduardo De Filippo.
A O sole mio! si ispira anche Le quattro giornate di Napoli (1962) di Nanni Loy, un film realizzato in anni più lontani dagli eventi descritti, e pur tuttavia ben più presente del precedente nell’immaginario visivo dei napoletani e degli italiani. Ispirato, in assenza di precise fonti documentarie, a un diario privato di Vasco Pratolini, insegnante di Liceo nella Napoli del dopoguerra, che raccoglie vari episodi relativi ai giorni dell’insurrezione, e servendosi di testimonianze in loco, pur se talvolta contraddittorie, anch’esso è girato quasi esclusivamente in esterni, nelle strade e nei vicoli di Napoli, alternando toni drammatici e farseschi, e ricostruisce l’insurrezione mettendone in risalto la spontaneità e i limiti organizzativi..invece dine in risalto l' superamento delle posizioni attendiste è altresì al centro del film  La rivolta napoletana nasce infatti, al di fuori di qualsiasi contatto con il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) e con i partiti antifascisti (la cui funzione culturale di educazione democratica precede la rivolta), su iniziativa di civili esasperati, con armi improvvisate, spinti da varie motivazioni. Pesano, in particolare, l’insofferenza popolare di fronte alle razzie e alle prepotenze naziste, l’iniziativa delle donne che impediscono ai tedeschi di caricare i loro uomini sui camion per deportarli in Germania, o quella volta a salvare qualche ostaggio dalla fucilazione; ma soprattutto il comune anelito alla fine di una guerra devastante. I tedeschi della Wehrmacht, sotto il comando del colonnello Scholl, sono colti di sorpresa e costretti, dopo quattro giorni di combattimenti, ad arrendersi e a ritirarsi dalla città prima dell’arrivo degli anglo-americani. Ispirato all’epopea nazional-popolare, anch’esso nato in un periodo storico caratterizzato dalla caduta delle preclusioni ideologiche e da una maggiore libertà nell’indagine storica, il film di Loy è destinato a sollevare appassionate polemiche e discussioni politiche. Le critiche principali rivolte al film riguardano il suo presunto carattere “populista”, e gli eccessi di spettacolarità di alcune sue scene. In realtà, da un’intervista rilasciata dal regista a Pasquale Iaccio nel novembre del 1991, risulta una particolare attenzione per il presente. Il clima politico-culturale in cui il film vede la luce è caratterizzato da un nuovo sussulto antifascista (legato anche alla rivolta del luglio 1960 contro il governo Tambroni) e, non diversamente dagli anni del neorealismo, dal crescente impegno politico di numerosi registi che indagano la storia passata. Tutto ciò pesa notevolmente sulle scelte operate dal regista stesso: il tono epico e spettacolare del film si giustificherebbe dunque con l’esigenza di raggiungere un pubblico di massa (obiettivo non realizzato dal cinema neorealista). Le Quattro Giornate di Napoli presenta, infine, un carattere corale, che deriva dall’intreccio di diverse storie individuali: tra esse, alcune riprese dal film di Gentilomo, come quella di un ufficiale reduce che guida gli insorti nei pressi dello stadio del Vomero, e quella dell’eroico sacrificio dello scugnizzo Gennarino Capuozzo, inserita nel più generale contesto delle gesta della banda Ajello, costituita da ragazzi fuggiti da un riformatorio. Ma il vero protagonista del film di Loy è il popolo napoletano, per la prima volta raffigurato in maniera diversa dai tradizionali stereotipi e clichès folkloristici, del quale si esalta il contributo fornito alla lotta antifascista. Queste sue doti spiegano il successo che il film ha riscosso negli anni, in particolare nelle scuole e tra le nuove generazioni.

Per inserire un commento devi effettuare il l'accesso. Clicca sulla voce di menu LOGIN per inserire le tue credenziali oppure per Registrati al sito e creare un account.

© A PASSO D'UOMO - All Rights Reserved.