La vigilia era stata accompagnata da polemiche e provocazioni, come ogni derby che si rispetti. I leader delle due squadre, accomunati da una fugace militanza comune agli esordi delle rispettive carriere e da grande rispetto reciproco, non si erano risparmiati punzecchiature che avevano inasprito il clima. Si erano pure dovute mettere in moto le diplomazie dirigenziali, che secondo i bene informati avevano partorito l’idea dell’amichevole proprio per tentare il riavvicinamento tra i due.
Così il 16 marzo 1975, compleanno di Bernardo Bertolucci che sta girando tra le campagne emiliane il suo capolavoro, Novecento, Pier Paolo Pasolini scende a Parma dal mantovano per lanciare il guanto di sfida. Anche lui è impegnato nelle riprese di un film per altri motivi definitivo, Salò o le 120 giornate di Sodoma. La vicinanza delle location, la produzione comune e il rapporto in evoluzione dialettica tra i due registi danno il là all’organizzazione di quella che sarà qualcosa più di una spensierata partitella tra le due troupe.
Pasolini e Bertolucci in clima derby
La tenzone pallonara giungeva curiosamente al culmine delle rispettive carriere cinematografiche, mentre i due stavano scrivendo la storia del cinema italiano. Da posizioni in quel momento disallineate: se Bernardo era stato aiuto regista di Pier Paolo in Accattone, esordio dietro la macchina da presa per entrambi, tanti anni di frequentazione e di ottimi rapporti erano stati messi a dura prova dalla stroncatura che l’intellettuale friulano aveva riservato a Ultimo tango a Parigi, che Bertolucci si era legata al dito.
Il percorso di avvicinamento al match vedeva poi l’uno alle prese con un film di grande respiro utopistico, l’altro con quello che sarebbe stato definito un testamento disperato. E pure il calcio era vissuto in modo molto diverso, come testimoniano i ruoli che i due si ritagliano sul campo della Cittadella di Parma: Pasolini in prima linea a tentare evoluzioni col pallone, una della sue più grandi passioni, Bertolucci a dirigere le operazioni dalla panchina.
La rimonta del Novecento
La fede bolognese del primo è testimoniata dalle maglie rossoblù con cui scende in campo la squadra delle 120 giornate, mentre quelli di Novecento si affidano alla costumista che disegna una divisa viola (sarebbe piaciuta a Franco Zeffirelli), accoppiata ad improbabili calzoncini rossi fosforescenti e calzettoni multicolori. Per distrarre gli avversari, si dirà. La tattica dà i suoi frutti, visto che i “padroni di casa” dopo l’iniziale svantaggio si impongono con un perentorio 5-2. Pasolini abbandona il campo ben prima del fischio finale, visibilmente infuriato. Con i compagni rei di non passargli la palla, stando alla versione di Bertolucci. Con un macchinista che lo aveva fatto oggetto di una marcatura piuttosto rude, dicono altri. O, secondo alcuni testimoni, proprio con l’allenatore avversario, che avrebbe fatto ricorso ad ogni mezzo pur di portare a casa il successo.
Non può mancare una cinepresa, che consente a Clare Peploe, moglie di Bertolucci, di immortalare le fasi salienti della giornata: i pochi dribbling riusciti, i tanti sfottò, una coppa alzata al cielo dal mister in trionfo e la torta di compleanno attorno alla quale si ritrovano alla fine vincitori e vinti, con Pasolini tra i primi ad affondare una mano nella panna per accaparrarsene un grosso boccone, non si sa bene se per ripicca o fairplay.
La storia del cinema su un campo di calcio
Quelle immagini inedite, insieme alle testimonianze di chi c’era, sono andate ad impreziosire Centoventi contro Novecento, docufilm in cui il regista Alessandro Scillitani e lo sceneggiatore Alessandro Di Nuzzo hanno ricostruito quella giornata particolare. Il loro lavoro (50’, prodotto da Artemide Film) è stato presentato il 26 novembre, primo anniversario della morte di Bertolucci, al cinema Galliera di Bologna, città natale di Pasolini: il clima da derby che avvolge tutta la storia sembra proprio essersi conservato fino ad oggi. E rivive anche in dichiarazioni che fanno (forse) luce sulla polemica più veemente nel post partita, quella riguardante un paio di ragazzini decisivi nel determinare il risultato finale e del tutto sconosciuti negli ambienti cinematografici. Presi dal settore giovanile del Parma Calcio contravvenendo alle regole d’ingaggio, accusano gli sconfitti. Regolarmente ingaggiati come componenti della troupe, assicurano i vincitori.
A ripercorrere la cronaca del match non sembra insomma chiarito se gli organizzatori avessero effettivamente conseguito l’obiettivo di riavvicinare i due registi. Ma in proposito non possono esserci molti dubbi: otto mesi dopo, a portare la bara di Pier Paolo Pasolini, c’era anche Bernardo Bertolucci.