Il pane della salute nel 1500
Di Domenico Romoli detto il Panunto (XVI sec.) non ci sono pervenute né la data di nascita né quella di morte. Visse in pieno ‘500, autore di La singolare dottrina, di ben tredici volumi (libri), pubblicata a Venezia, per M. Tramezino nel 1560, più volte ristampata. A pag. 204, scrive: (…) e il pane, fondamento di tutti gli altri cibi, (...) l'huomo deve cercarne di fare buona elettione, perche (sic!) se si mangia cattivo (...) è molto nocivo. Il pane del frumento eccelle in sapore, in bontà e bellezza ogni altro pane, che il sangue che di esso si generà (sic!) è migliore e più temperato de gli altri (...). Afferma poi che nell'impasto occorre mettere il sale che viene a levar la humidità della farina. Non deve essere fatto il pane ne (sic!) troppo grosso ne (sic!) troppo picciolo (...). Non si dee porre in tavola à (sic!) mangiare pane che sia caldo e di fresco cavato dal forno, percioche (...) induce nelhuomo gran sete per la sua calidità e nuota nello stomaco per la sua humidità vaporosa, e discende difficilmente nel fondo dello stomaco dove si fa la digestione, e finalmente questo pane così mangiato è il peggiore di tutti gli altri.
Cornaro o Corner Alvise (Luigi) [Venezia 1484 (?) - Padova 1566], autore di Discorsi della vita sobria, esalta la vita morigerata che è il segreto per raggiungere i 100 anni di età. Scritta e pubblicata nel 1558 fa capire come l’Autore, guarito da una pericolosa malattia, ricorre a una dieta ispirata soprattutto alla semplicità dei cibi. (fonte Treccani Diz. Biografico Italiani). Nutrirsi con moderazione è medicina naturale (…) perché conserva l’huomo, anchor che sia di mala complessione, sano, e lo fa vivere prosperoso infino alli cento, e più anni [Alvise (Luigi) Cornaro, Discorsi della vita sobria, pag. 16]. Se apprezza gli huomini di bell’intelletto, è caustico nei confronti dell’altro genere umano in quanto è poco danno se non è apprezzato, perché questi fanno brutto il Mondo, e è se non bene, che...morano (ibidem, pag. 26). Il senso, l’appetito, la crapula (che sta per eccesso di cibo), col tempo, riducono gli huomini in termine, che non possono più camminare, e a pena ragionare, diventando e ciechi, e sordi, e curvi, e pieni d’ogni altro male (…). Innalza, quindi, un inno alla sobrietà (ibidem, pag. 23). E quali sono i suoi cibi? Prima il pane, la panatella, ò (sic!) brodetto con ovo, ò (sic!) altre simili bone minestrine. Passa poi a descrivere tutti i cibi ricercati adatti alle persone che hanno la possibilità di acquistarli. E chi non ha la disponibilità di questi cibi? Può conservarsi con il pane, panatella, e ovo (ibidem, pag. 28). Insomma Alvise Cornaro sceglie di vivere a lungo e bene rinunciando alla quantità del cibo, scegliendo la qualità e questo esser sicuro di vivere molt’anni (gli) pare esser cosa bella (ibidem, pag. 30)
Breve viaggio sull’arte panificatoria nei Comuni d’Italia
Il pane da cibo principale si è trasformato in un elemento di accompagnamento, il companatico è, infatti, mangiare qualcosa con il pane, insieme al pane. I poveri, inoltre ne vogliono sempre più, i ricchi lo snobbano. Ciononostante ogni città, ogni comune anche con poche anime ha il suo pane. Volo subito in Sicilia e precisamente in provincia di Trapani ove lo Slow food mi racconta del pane di Castelvetrano, nero, impastato con due tipi di farina integrale (grano duro e timilia) macinati a pietra, con la crosta ricoperta di semi di sesamo. Cotto in forno a legna, alimentato da foglie e rami di olivo; una volta raggiunti i 300°, il forno viene ripulito e sono infornate le pagnotte. Queste saranno cotte e pronte da mangiare, quando il forno sarà freddo (fonte Fondazione Slow Food per la Biodiversità onlus). Sempre in provincia di Trapani, consultando il sito www.panenostro.com conosco il pane di Salemi, un pane devozionale, a forma di coroncine o cavallucci, in onore di San Biagio che, invocato, avrebbe salvato la cittadina dalle cavallette. Salemi è un comune siciliano con oltre 10.000 abitanti. Rimango stupito dal pane di Lentini, prodotto nei comuni siciliani di Lentini e Carlentini, in provincia di Siracusa. Qui, come a Castelvetrano, insieme alla farina di grano duro si mischia quella di timilia. Le pagnotte pesano circa 500 grammi, sono ricoperte di semi di sesamo e hanno la forma di una grande esse (fonte www.panenostro.com). Rimango affascinato dalla cattedrale e incuriosito dal pane di Monreale, cittadina di circa 40.000 abitanti, in prov. di Palermo. L’impasto è con semola di grano duro, acqua, sale, un particolare lievito madre ottenuto ancora da semola, acqua, latte e succo di limone con rinfreschi giornalieri (fonte A. Mastrangelo-C. Micheletti-B. Minerdo-G. Novellini-A. Surrusca-F. Vizioli, Il mondo del Pane, pag. 192). Ho la fortuna di poter usare un’automobile e, anche senza ponte, raggiungo la Calabria per conoscere il pane di Cerchiara, comune di 2.300 abitanti circa, immerso nel Parco Nazionale del Pollino, in prov. di Cosenza. Le pagnotte pesano dai due ai tre kg e mezzo. L’impasto è di farina di grano e crusca, acqua, lievito madre e sale. Queste pagnotte mi ricordano il pane polifemo abruzzese.
Mi sposto in provincia di Reggio Calabria e precisamente a Bagnara Calabra. Qui nella frazione di Pellegrina si preparano delle pagnotte che variano da 500 grammi a due chili. La crosta è ruvida e croccante. Alla farina 00 si aggiunge la cranza "il cruschello" che conferisce un colore più scuro, maggiore sofficità e allunga i tempi di conservazione. Tutto ciò me lo suggerisce La Fondazione Slow Food per la Biodiversità, onlus. Il pane Pellegrina è un Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) della Calabria. Vado oltre perché aleggia nella mia mente la cittadina di Matera; qui assaggio proprio il pane di Matera che, mi spiegano, è ottenuto dall’impasto di grani duri locali (almeno il 20%): senatore Cappelli, duro lucano, appulo, uniti a lievito madre, acqua e sale. Questo pane gode della IGP (Indicazione Geografica Protetta). Mi dirigo, quindi, verso le Puglie, terra dai solidi legami con l’Abruzzo per la civiltà della transumanza. In provincia di Taranto, a Laterza, assaggio una panella, che da uno può raggiungere anche i quattro chili e deriva da un impasto di semola rimacinata. Il pane di Laterza è tutelato dal Marchio Collettivo di Qualità, nonché come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) della Puglia. Proseguo verso nord e, in provincia di Foggia, conosco il pane di Monte Sant'Angelo, cittadina di circa 13.000 abitanti. La sua caratteristica è che dura quasi una settimana. Il peso delle pagnotte può raggiungere i sei kg! È un Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) della Puglia. Invece di proseguire verso il Molise e l’Abruzzo, opto per la Campania avendo letto che esiste l’Associazione Nazionale delle Città del Pane e che il Comune di Montecalvo Irpino, in provincia di Avellino, ne fa parte. Il pane di Montecalvo, è un Prodotto di Origine Protetta (DOP). La Campania è famosa però per le sue località marine e, in provincia di Salerno, a Padula, compro il pane. Il maestro panificatore mi spiega che, le pagnotte di circa due kg, sono impastate con farine di grano duro e tenero, durano a lungo, anche 15 giorni! Il pane di Padula è un Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) della Campania. Come lo è il pane di Villaricca (circa 30.000 abitanti), comune in provincia di Napoli. Finalmente mi immetto nell’autostrada del sole, la Roma-Napoli, e sfreccio verso la Regione Lazio. Fotografo il pane di Lariano, sia a filone che di forma rotonda, impastato da farina semintegrale di tipo 1, lievito acido e di birra, acqua e sale. Lariano, in provincia di Roma, conta circa 13.500 abitanti. In provincia di Viterbo, partecipo alla presentazione del casereccio di Monteromano, pane nero di semola di grano duro, Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) del Lazio. Conosciuto e apprezzato è anche il pane di Salisano (provincia di Rieti), "sciapo e friabile dalla lunga fermentazione, a filone di discrete dimensioni, che reca tre incisioni lungo il profilo longitudinale. La sua crosta spessa e croccante è di colore nocciola” (cfr. www.taccuinistorici.it). Un pane che si caratterizza per le aree vuote all’interno di filoni e pagnotte è il pane di Velletri con impasto di farina di frumento, lievito naturale, acqua e un po’ di sale. Bisogna dire che la particolarità dei vuoti interni al pane è diffusa in tutta la Regione Lazio. Non potevo concludere il mio excursus nel Lazio se non a Vicovaro, nell’interland di Roma. Il Pane di Vicovaro è celebrato con la Sagra della pagnotta, il 24 giugno. Le pagnotte vanno da 500 grammi a due kg, con farina 00, lievito madre e di birra con doppia lievitazione, la prima per una buona mezz'ora e la successiva per due ore. Sono tentato di soffermarmi ancora nella sempre affascinante e unica, anche se caotica, città eterna ma devo proseguire se voglio conoscere qualche altro pane d’Italia. Mi dirigo perciò verso le Marche e, in provincia di Pesaro, gusto il pane di Chiaserna, senza sale. Questo prende il nome da una frazione del comune di Cantiano ed è un Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) delle Marche. Il tempo e il denaro a mia disposizione cominciano a scarseggiare e quindi velocemente attraverso alcune località dell’incantevole Umbria e, in provincia di Perugia, mi rifocillo con il pane di Strettura. È questa una frazione di Spoleto, dove s’impasta lievito madre, farina di frumento e acqua limpida di sorgente. Nell’impasto manca, come nel pane toscano, il sale. È un Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) dell’Umbria. Il pane di Terni, prende il nome da questa città ma, in effetti, è preparato in tutta la Regione.
Non posso però fare a meno di farmi coinvolgere da alcuni territori della Toscana per ovvi motivi che non è il caso di enumerare. Nella Frazione del comune di Pomarance in prov. di Pisa, con poco più di 100 abitanti, un mulino artigianale produce il pane di Montegemoli con l’impasto di farina di tipo 2 e il nutriente germe di grano. Aggiungo il pane di Pontremoli e Regnano, tutti senza sale e tutti Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) della Toscana. Per rendere anche omaggio a una cittadina martire della ferocia nazifascista proseguo per Fivizzano (provincia di Massa Carrara) dove, in una sua frazione, si produce il pane di Vinca. La frazione di Vinca conta circa 150 abitanti ed è tristemente famosa per un’inaudita strage con 162 vittime, tante donne, bambini e anziani, avvenuta dal 24 al 27 agosto 1944 ad opera delle sanguinarie truppe naziste, spalleggiate da una squadraccia fascista.
Attraverso velocemente l’Emilia Romagna e mi dirigo verso Ferrara per sentirmi raccontare del pane intorto che si fa risalire al XVI° secolo, come testimoniato nei testi di Cristoforo da Messisbugo [Fine 1400 (secondo la Teca Gastronomica Digitale di Parma) - Ferrara 1548], nella sua opera Banchetti composizioni di vivande e apparecchio generale, pubblicato postumo, a Ferrara nel 1549, e nel Libro novo nel quale si insegna a far d’ogni sorte di vivande, del 1557, sempre postumo. In questi testi si afferma che sulle tavole rinascimentali non può mancare il “pane intorto”, sicuramente l’antenato della ciupèta o coppia ferrarese. Torno con i piedi per terra e mi imbatto nel pane di Pavullo, comune con circa 18.000 abitanti in provincia di Modena, preparato con impasto di farina bianca di grano tenero e integrale, lievito naturale o pasta acida, acqua salata e strutto.
Nonostante questa varietà di pani di cui mi sono inebriato durante questa appassionante escursione vorrei assaporare qualcosa che possa stupire il mio palato e lo trovo nel pane di patate di Pignone, cittadina con 540 abitanti, in provincia di La Spezia nonché nel pane nero di Pigna, in provincia di Imperia. Pigna conta poco più di 800 abitanti e dà il nome a questo pan negru ottenuto dall’impasto di farina di tipo 2, acqua, sale e lievito. Sono, ormai giunto alla fine del viaggio e dovrei prendere la nave per raggiungere la Sardegna ma preferisco raccontarvi non del pane dei pastori, il conosciutissimo pane carasau, ma del pane di Desulo, comune in provincia di Nuoro con poco più di 2.000 abitanti, Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Sardegna.
Conclusione
Quando mi trovo in viaggio di piacere o di lavoro, cerco subito una panetteria e riporto a casa il pane. In questa occasione ho seguito i consigli del Romoli e del Cornaro che del pane fecero il loro cibo per vivere bene e a lungo. Mi sono nutrito di alcuni pani d’Italia e spero di aver simbolicamente nutrito chi ha avuto la bontà di leggere. Sintetico è stato il mio racconto se Corrado Barberis (1929-2019), padre della Sociologia rurale, aveva scoperto 200 tipi di pane, in Italia.
L’ultima mia escursione in questo affascinante e gustoso mondo sarà dedicata ad alcuni pani del nostro maltrattato pianeta. Prima del 25 aprile scriverò qualcosa su pane e Resistenza, per ricordare la Festa della Liberazione dal nazifascismo.
Bibliografia
- Candido Calabrese, Lingua e cibo, piccolo dizionario enogastronomico abruzzese (non edito).
- Capatti, M. Montanari, La cucina italiana,(...), Laterza, Bari 2010.
- Alvise (Luigi) Cornaro, Discorsi della vita sobria del sig. Luigi Cornaro. Testo informatico (www.liberliber.it) 1620 appresso Marcantonio Brogiollo.
- Predrag Matvejević, Pane nostro, Garzanti, Milano 2010.
- Mastrangelo-C. Micheletti-B. Minerdo-G. Novellini-A. Surrusca-F. Vizioli, Il mondo del Pane, Slow Food Editore, Bra 2017.
- Cristoforo di Messisbugo, Libro novo nel quale si insegna a far d’ogni sorte di vivande(...), Venezia 1557. Teca digitale di Parma.
- Domenico Romoli, La singolare dottrina (addì X di Marzo 1546) - Venezia per Michele Tramezino 1560- Consultazione del testo digitale.
- Treccani - Enciclopedia on-line - Biografico Italiani - di G.Gullino 1983.
- Fondazione Slow Food per la Biodiversità onlus.
Sitografia
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