A chi la pepina? A noi! L’italianizzazione di nomi, la fame dei partigiani, quando la panzanella divenne una leccornia. I cibi che hanno accompagnato la dittatura e i combattenti per la libertà.
Pro superi, quantum mortalia pectora caecae
noctis habent!
Oh! Dei, che tenebra fitta c'è nella mente dei mortali!
Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi,VI vv.473-474
Dal lei al voi , dal ragù al ragutto...
Scusi lei...No, no non si può dare del "lei" bisogna dare del voi, e così termini che abitualmente erano in uso fino al 1922 vennero proibiti dal regime fascista, una "vera rivoluzione" che doveva cambiare il modo di vivere, di pensare, di nutrirsi degli Italiani. E allora non avendo più a disposizione il pepe, bisognava far ricorso alla pepina, un oscuro miscuglio di scorze essiccate senza sapore; il ragu divennne il ragutto, il soufflé non era altro che il ...soffiato, non si andava al bar? Ma al quisibeve. Un cocktail? Si trasformò in polibibita!
Il futurismo sposa la causa e propaganda l'avversione, pensate un po', alla pasta asciutta! definendola alimento che impigrisce rendendo fiacco l'uomo, lontano dai principi fascisti di velocità, scatto, forza e violenza. La verità è che, nonostante la battaglia del grano, di questo prezioso cereale non se ne produca né se ne trovi abbastanza! Petronilla (Amalia Moretti Foggia della Rovere 1872-1947), voce ufficiale del regime, suggerisce con i suoi ricettari (il primo è del 1935), come rispondere alle sanzioni, della Società delle Nazioni, che impedivano l'arrivo di derrate alimentari essenziali come caffè, grano, zucchero...
Con l'autarchia, non solo il grano, ma tutto doveva essere prodotto in Italia! Il caffè? Pazienza si può fare con i ceci, le cicerchie, i semi dell'uva o meglio ancora con l'orzo sempre abbrustoliti e tostati o con la cicoria.
Il petrolio? Si va a prendere in Libia o in qualche altro territorio: si fonda l'impero che riporta indietro nel tempo, all'antica Roma che aveva dominato il mondo intero (anche se era solo quello conosciuto dagli abitanti del vecchio continente).
Ma il pomodoro, i fagioli, le patate..., si, è vero che vengono dall'America, ma è stata scoperta da Cristoforo Colombo; un italiano! E poi ormai son passati tanti anni che non ci si fa più caso.
Bisogna armarsi, soprattutto per conquistare e dominare il mondo e chi non è d'accordo è un nemico della patria. Non un avversario ma un nemico da ...eliminare. Mandare al confino? Mettere in galera? O proprio eliminare eliminare. Senza pietà: eliminare eliminare.
Il "belva feroce" sta conquistando il mondo; conviene entrare in guerra per spartire il malloppo e le terre devastate e sottomesse. Ma, le cose, non andarono proprio così.
Violenza, dittatura e tessera del pane
Sul trono dell'impero romano si sono succeduti più di 80 imperatori (27 a.C. - 476 d. C.) di questi il 70% morì assassinato (Caracalla, Eliogabalo, Caligola, Massimino Trace (decapitato e con la testa esposta su un palo)..., avvelenato (Claudio...) o costretto al suicidio (Nerone, Gordiano, Massimiano...). A significare che il dittatore sale, sale, sale e poi precipita rovinosamente a testa in giù.
Durante il fascismo ci furono adesioni convinte, adesioni forzate e mascherate obtorto collo, ma anche chi fu contro la dittatura. Pochi, perché se non avevi la tessera del PNF (partito nazionale fascista) non potevi lavorare, questa tessera da molti fu definita la tessera del pane o della fame. Non era facile quindi opporsi. Valga un solo esempio per spiegare il clima dell'epoca: su 1.200 docenti universitari, solo 12 rifiutarono di prestare giuramento alla legge del regime dell'8 ottobre 1931. C'era anche chi aveva anticipato la sua opposizione come il liberale Gaetano Salvemini che nel 1925 aveva abbandonato il servizio e chiudeva la sua lettera di dimissione al Rettore dell'Università di Firenze, così: "ritornerò a servire il mio paese nella scuola, quando avremo riacquistato un governo civile".
Cum panis
I sogni dei partigiani sono rari e corti, sogni nati dalle notti di fame, legati alla
storia del cibo sempre poco e da dividere in tanti: sogni di pezzi di pane morsicati e
poi chiusi in un cassetto. I cani randagi devono fare sogni simili, d’ossa rosicchiate e
nascoste sottoterra (Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno).
L'avversione di poche persone, diventerà diffusa dopo il 25 luglio e soprattutto dopo il trattato di Cassibile del 4 settembre, reso di dominio pubblico l'8 settembre 1943. Nasce la Resistenza cui aderiscono gli avversari del fascismo appoggiati da tanti che avevano creduto di cambiare il mondo, la propria esitenza, l'Italia. Tanti fascisti della prima ora combattono nelle file della Resistenza o come fiancheggiatori rischiando la vita. La guerra che doveva essere una passeggiata, iniziata nel 1939 e nel 1940 per l' Italia, durerà fino al 1945: cinque lunghissimi anni di tragedie, distruzioni, morte!
Senza ripercorrere i massacri nazifascisti, entro in un casolare di montagna in cui si rifugiavano quelli che combattevano nazisti e fascisti per liberare l'Italia e si nutrivano spesso, cum panis "con il pane". Ed è proprio dal pane, da questa espressione tardo latina che deriva il termine "compagno/a" cioè chi mangia lo stesso pane. Spesso c'era pane e spessissimo il companatico che...non c'era. Si inventa, come è riportato in Partigiani a tavola di Lorena Carrara ed Elisabetta Salvini, la frittatta ...senza uova, il cioccolato... senza cacao, il dolce senza zucchero, cioè una cucina povera che non rappresenta un'etichetta ma una mancanza di alternative! La mancanza di sale e pepe impedisce la confezione di salumi, insaccati e prosciutti! Ciononostante, nell'inverno del 1945 le donne emiliane sfameranno ben 35.000 bambini!
Il 25 luglio 1943 in casa Cervi si cuociono 380 kg di pasta al burro, la pastasciutta antifascista, per la caduta, nel gran consiglio, del cosiddetto duce! Questa manifestazione è l'esplosione contro chi riteneva la pasta asciutta "nemica" del vero italiano! Il 28 dicembre del 1943, purtroppo, i sette fratelli Cervi saranno fucilati dalla ferocia nazifascista, e poco dopo la loro madre Genoeffa Cocconi morirà di crepacuore.
La scarsità di grano faceva si che si preparasse il pane mischiando farine di grano, di orzo, di ghiande, di lenticchie e di cicerchie. Le patate lesse erano una salvezza, quando se ne trovavano. Siccome la pasta era per "rammolliti sovversivi" si incoraggiava il consumo del riso che, soprattutto al nord, era disponibile. Sempre al nord un altro alimento che sostituiva la pasta ormai quasi introvabibe, era la polenta di mais. Al sud questa farina era usata per preparare pizze da condire con sarde e verdure di campo. Si inventa: costolette di carne senza carne, cioccolato con...farina di castagne al posto del cacao. La propaganda fascista, imperterrita, continua la sua campagna contro chi...mangia: se tu mangi troppo rubi alla patria! Nel 1941 esce un'altra tessera, peggiore di quella del PNF: la tessera e la razione giornaliera di cibo! In cima alla lista c'è il pane e il quantitativo minimo per ogni cittadino italiano. Dopo l'8 settembre inizia l'incubo della fame sia per chi combatte i nazifascisti (i partigiani) sia per chi è rimasto nelle abitazioni civili. Pane secco, reso molle immerso in acqua, un po' di sale, aceto e olio; la famosa panzanella diventava quasi una leccornia, anche se non era facile trovare sale e olio d'oliva.
La fame porta alla delazione e infatti il comandante delle truppe germaniche fa affiggere un manifesto: fino a Lire 5.000 e chili 5 di sale per ogni segnalazione che renda possibile il sequestro di un deposito o di un rifornimento aereo di armi o di esplosivi oppure la cattura di un ribelle; fino a Lire 10.000 e chili 10 di sale per la segnalazione di un importante deposito o rifornimento aereo di armi e di esplosivi oppure di un capobanda, e in altri casi particolari; fino a lire 1.000 e chili 1 di sale per ogni altra utile segnalazione di ribelli, armi nascoste, rifornimenti aerei ecc.
Ci si nutre con riso stracotto per giorni o con frutta raccolta dagli alberi, scrive Giorgio Bocca. Bande partigiane si procurano il cibo con incursioni in depositi militari, in case di possidenti, in conventi. E così si ha a disposizione zucchero, olio, farina, sale, riso, vino e qualche liquore, sequestrati a chi voleva lucrare e arricchire attraverso la borsa nera. Molti i contadini che preferiscono dare galline, polli, maiali, pecore, grano e vino ai partigiani anziché ai nazifascisti. Il cibo era indispensabile per continuare a combattere e forse era più importante delle stesse armi! Riunirsi, nei momenti di tregua, a tavola, significava sentirsi pronti a ricominciare a vivere in modo normale, a scambiarsi battute, a evadere dal terrore della morte. A tavola nasce il collettivo che dovrà sconfiggere tedeschi e fascisti. Quando si può, finalmente assaggiare qualcosa di caldo esplode la gioia, si canta si beve vino e grappa al nord, vino cotto malvasie e passiti al sud.
Festa della Liberazione e Primo Maggio
Finalmente il 25 aprile 1945 c'è la Liberazione, le ferite cominciano a essere medicate, c'è la ricostruzione, la vittoria della Repubblica, la libertà di parola e di associazione, ripartono le organizzazioni politico-sindacali soffocate dal regime fascista. Si torna a tavola e, anche se, per la massa popolare, le risorse sono scarse, si respira un'aria più confacente a un vivere civile. Torna la Festa dei Lavoratori, il Primo Maggio e il 25 Aprile diventa Festa nazionale della Liberazione dal nazifascismo. Torna a invadere le piazze di tanti comuni italiani la famosa pastasciutta antifascista dei fratelli Cervi. Ovunque, chi aveva combattuto apertamente o in modo non aperto il regime, sente il desiderio, quasi il dovere di festeggiare a tavola la riacquistata libertà e la voglia di creare una nuova Italia fondata sul lavoro, sulla libertà e sull'uguaglianza. Esplode la religiosità laica di chi, nonostante tutto, crede nell'uomo. Sia il 25 Aprile che il Primo Maggio ci si ritrova in campagna all'ombra di secolari alberi e di bandiere di proprie organizzazioni politico-sindacali (in genere la bandiera rossa) vicino sorgenti di acque pure, per cuocere, arrostire, assaggiare insaccati preparati nell'inverno, ad assaporare formaggi che erano stati nascosti nelle fosse e che si tirano fuori per far respirare anche a loro l'aria pulita della libertà. Oggi si compra il formaggio di fossa, quello di Sogliano al Rubicone solo per le grandi occasioni e Primo Maggio e 25 Aprile lo sono. Si cucinano timballi e pasta, pasta, tanta pasta, proprio quella che i fascisti ritenevano che rammollisse, e invece ora dà la carica per far rinascere una nazione sfregiata da 20 lunghissimi anni di assurdi divieti.
Nota sul formaggio
A livello nazionale abbiamo oltre 300 varietà di formaggi da quelli stagionati a quelli freschi, ai cremosi, ai semi stagionati a quelli con le muffe che sono i più saporiti ma i più difficili da digerire.
Etimologia
- Formaggio, dal francese antico formage, lat. mediev. formaticum derivato di classico fōrma, propriamente “forma di cacio” (Sabatini-Coletti, Dizionario della Lingua Italiana, pag. 1011).
- Timballo, dal francese timbale (XV sec.), incrocio dello spagnolo atabal col francese cymbale “cembalo”(G. Devoto, Avviamento alla etim.italiana, pag. 430).
Fonti
- Giorgio Bocca, Partigiani della montagna. Vita delle divisioni "Giustizia e Libertà" del Cuneese, Feltrinelli (II ediz.), Milano 2004.
- Candido Calabrese, Lingua e cibo, piccolo dizionario enogastronomico abruzzese,(non edito).
- Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, Oscar Mondadori, 2014.
- Lorena Carrara-Elisabetta Salvini, Partigiani a tavola, F. Lupetti ed., Milano, 2015.
- Giacomo Devoto, Avviamento alla etimologia italiana, Le Monnier, Firenze 1999.
- Nuto Revelli, La guerra dei poveri, Einaudi, Torino 1993.
- Sabatini-Coletti, Dizionario della Lingua Italiana, Rizzoli-Larousse, Milano 2003.