Già nella prima parte del mio narrare su Vienna, ho sottolineato l’essenziale ruolo svolto dall’arte a vantaggio della città; e se la musica ha trovato qui nobile dimora, altrettanto è stato per le numerose espressioni figurative, specie per quelle riferite all’Art Nouveau.
Questa rivendicava a sé una libertà stilistica che trascendesse i dettami accademici e si facesse interprete delle richieste provenienti da una società in via di forte trasformazione, quale era quella tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento; segnata da una influente borghesia, per molti versi puritana, formalista e conservatrice, ma anche disposta a recepire – per convenienza economica più che per democratica apertura ideologica – il nuovo che si profilava all’orizzonte e recava i segni della modernità, della funzionalità unita alla valenza estetica e del ricorso a materiali d’uso inediti.
Compiere un percorso lungo le vie urbane o entro i musei alla scoperta di tale linguaggio artistico diventa quindi un’occasione conoscitiva unica e imperdibile; indispensabile per confrontarsi con opere di genere poliedrico che spaziano dall’architettura alla pittura, al design, all’arredo e all’oggettistica in senso lato.
Una figura di grande rilievo nel panorama culturale viennese è stata quella dell’architetto e urbanista Otto Wagner, sostenitore dei principi della Secessione secondo una personale interpretazione, che con le sue teorizzazioni e le numerose opere ha contribuito a dare un aspetto più evoluto alla capitale.
Suo è il progetto per la bellissima chiesa di San Leopoldo che sorge alla periferia di Vienna. Ideata in linee sobrie, spicca al sommo di una lieve altura circondata da un verde parco, splende nel marmo bianco di Carrara e nella lucente cupola rivestita in lamine di rame, mentre l’interno s’impone per la semplice e funzionale organizzazione dello spazio.
Ancora a lui fanno rimando i lavori per la realizzazione di una metropolitana allo scopo di agevolare i trasporti e rendere più raggiungibili varie zone della città, con alcune stazioni edificate all’insegna di linee geometriche scandite nel vetro, nel ferro e nel cemento e sobriamente decorate nei motivi floreali secondo il gusto della nuova arte.
S’impegnò inoltre nella costruzione di residenze pubbliche e private, tra cui due ville di sua proprietà, dalle quali si deducono chiaramente le fasi del percorso ideologico da lui compiuto, che lo hanno condotto ad approdi modernisti muovendo da esordi classici.
Particolarmente attrattiva è la Casa delle maioliche, un imponente edificio a quattro piani, reso “leggero” mediante il ricorso a raffinate decorazioni in piastrelle colorate a motivo floreale che compaiono sull’intera facciata, conferendole ornamento senza intaccarne l’essenzialità delle linee.
Ma soprattutto all’attuazione della Cassa di risparmio postale ha affidato il suo profilo di architetto; realizzò infatti una struttura di monumentale aspetto, ma dotata di agilità e dinamicità per via della semplice facciata, per gli interni ariosi, luminosi e funzionali alla sicurezza degli esercizi ivi previsti, in linea con le richieste imposte dai nuovi tempi.
Anche la pittura, generata dallo stesso contesto culturale di cui si è detto, ha avuto a Vienna numerosi seguaci, propugnatori di una nuova visione estetica, intesa non come riproduzione realistica dei soggetti, ma come loro libera interpretazione e ricreazione grazie anche a un uso personale del colore, che vede nell’oro il simbolo dell’opulenza, nella figura femminile quello della sensualità e nella natura la leggiadra e curvilinea bellezza di arabeschi floreali. Gustav Klimt ne è il più noto esponente. Le sue opere illuminano importanti musei della città, unitamente a quelle di altri eminenti artisti che, ciascuno a proprio modo, partecipano del movimento secessionista, come Egon Schiele e Oskar Kokoschka. Per cui è una grave mancanza lasciare Vienna senza aver fatto visita ai musei del Belvedere e dell’Albertina.
Altri edifici-musei attendono la curiosità dei visitatori, per dare grande soddisfazione senza chiedere in cambio un gravoso impegno di pensiero.
Si tratta delle due residenze imperiali: una invernale, la Hofburg, nel centro città; l’altra estiva nel castello di Schӧnbrunn. Entrambe sono simbolo della dinastia degli Asburgo e lo sfarzo vi è d’obbligo. Specialmente la reggia di Schӧnbrunn è scenografica, anche per via del suo magnifico parco dove ci si può perdere tra sentieri di siepi, lunghi viali disseminati di statue, aiole fiorite e fontane che paiono laghi.
Poco fuori dal centro si sviluppano inoltre due splendidi e opposti quartieri che nella loro struttura incarnano quella doppia anima viennese che vede convivere innovazione e conservazione: quello di Grinzing, all’insegna dell’Austria più tradizionale, l’altro Hundertwasserhaus ispirato a un’architettura nuova, ma contro i principi dello stesso Modernismo, quindi fuori da canoni di qualsiasi genere e libera di creare nelle forme della fantasia. Entrambi, per motivi diversi, sono luoghi davvero eccezionali.
Il primo sorge sulle pendici delle colline del Wienerwald. Ha storia antica alle spalle e ha mantenuto l’aspetto fiabesco di un tempo, con piccole case dai vari colori, romantici viottoli illuminati da tenui lampioni e con le semplici taverne, chiamate heurigen, dove si serve, a tempo debito, vino novello nell’allegrezza di musiche popolari. Il tutto immerso nella straordinaria bellezza di ordinati vigneti a perdita d’occhio. Discosto, rispetto al frastuono della capitale, fa assaporare la realtà di un mondo semplice e ricco dei valori della terra.
Il secondo, anch’esso periferico e situato su di un’ansa del canale del Danubio, ammalia per i colori e le linee ondulate del grande complesso popolare progettato e realizzato negli anni compresi tra il 1983-1986 dal pittore, scultore e architetto Friedensreich Hundertvasser. La fantasia dell’artista che, per qualche verso, rimanda anche all’estro creativo dell’architetto catalano Antoni Gaudi, ha avuto libero modo di esprimersi in edifici dalle forme irregolari, dai gioiosi colori e decorati con curiose ceramiche, muovendo dal principio che l’armonia è raggiungibile con la varietà e non con l’uniformità. Gli appartamenti sono dotati di giardini pensili perché la natura vi abbia un ruolo da protagonista, anticipando così quei successivi concetti di bioarchitettura, fondamentali per l’ingegneristica contemporanea.
Ma Vienna ha ancora tanto da offrire a chi desidera divertirsi e rilassarsi.
Nel vasto parco pubblico del Prater è possibile conciliare i due obiettivi, in quanto sono previste zone riservate al gioco e altre alla calma, al passeggio e al riposo. Personalmente mi sono limitata alle gioie procurate dalla storica ruota panoramica, divenuta emblema della città, da cui si gode un’impareggiabile vista sulla capitale.
Per concludere in grande dolcezza, i caffè sono proprio quel che ci vuole!
Ne sono tanti; diversi anche storici, eleganti negli arredi d’epoca e orgogliosi di aver accolto nella loro calda intimità personaggi di grande rilievo. Lo stesso Sigmund Freud, il padre della psicanalisi, ne era un assiduo frequentatore, forse per colmare qualche mancanza affettiva! Insomma, una vera istituzione a gloria dell’Austria. Perché nati, non come locali dove bere o mangiare frettolosamente qualcosa, ma come luoghi di sosta, di cultura, di piacevole incontro, di lettura di giornali messi a disposizione dei clienti. Vi si possono gustare le mille prelibatezze di cui la città va giustamente fiera.
Accantonati i sani principi dietetici, ho ceduto alla vista di tante dolcezze, abbandonandomi alle gioie di abbondanti porzioni di Sacher Torte e strudel. Mi è parso il saluto migliore alla bella città.
(2.fine; per leggere la prima puntata cliccare qui)
Le foto:
Chiesa di San Leopoldo: Creative Commons (CC BY-SA 4.0).
Café Melange: flickr.com (creative.commons (CC BY 3.0)
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