Forzando un po’ me stessa e contravvenendo agli ideali estetici cui spontaneamente tendo, decido di iniziare la visita alla città a partire dalla zona più nuova e moderna, quella della Défense, costruita all’insegna dell’imprenditoria, del commercio e della finanza, per cogliervi il senso del presente e della prospettiva.
Devo dire che la scelta è stata felice perché mi ha consentito di approdare ad un giudizio più completo ed equilibrato su questa amata capitale europea, che non fosse solo ancorato al suo illustre passato storico.
In quest’area l’architettura è avveniristica, funzionale ed essenziale e il paesaggio è contrassegnato dai lunghi profili dei grattacieli che, a gara, si proiettano verso l’alto. Le Grande Arche de la Fraternité (della stessa imponenza di quello di Trionfo nel centro città, ma di fattura geometrica e lineare) introduce al sito. Alla superba struttura fa seguito l’estesa superficie acquosa di una scenografica fontana, ricoperta da bellissimi mosaici colorati, disposti in linee parallele in modo da creare movimento, opera dello scultore israeliano Yacoov Agam.
Qui l’arte, più che altrove, diviene strumento privilegiato di comunicazione e partecipazione a un pensiero “poietico”. Ѐ in quest’ottica che ho interpretato la gigantesca e curiosa scultura dell’artista Cesar Balducci Il grande pollice, che mostra il dito della mano in alto levato, secondo l’uso dei Romani antichi, come simbolo di potere e forza, non solo in campo economico-finanziario ma, più in generale, come capacità fattiva dell’uomo.
Altra atmosfera si respira nei quartieri del centro, dove il desiderio di grandeur, manifestato da Napoleone III e messo in atto dal lungimirante uomo politico il barone Haussmann, ha fatto di Parigi una mirabile capitale europea.
La ristrutturazione urbanistica da lui operata fece rapidamente passare la città da una ristretta dimensione medievale a un impianto spazioso e congeniale a nuove esigenze: quello che ancora oggi tanto si apprezza.
Gli alti palazzi dalle belle facciate in pietra chiara e dai tetti di variegata forma, neri di ardesia o nelle grigie tonalità dello zinco, si affacciano su ampi boulevard alberati che sfociano in piazze sconfinate, impegnative ad essere attraversate dai pedoni. Parchi e giardini ingentiliscono la città e ne diventano i “polmoni verdi”, dove trovano tranquillità e ristoro persone d’ogni età. Qui hanno anche sede i musei più famosi al mondo che accolgono le opere dei grandi artisti del passato e dell’oggi; su essi non mi soffermerò, perché lo spazio di un articolo è inadeguato a dirne l’importanza. Prenderò invece in considerazione scorci incantevoli sul paesaggio urbano, fruibili da particolari posizioni.
Come già avevo accennato nella prima parte dell’articolo, la collina di Montmartre è il luogo più adatto a tale scopo e, sicuramente, il più conosciuto.
Dall’altura la città si distende al piano, sino a sfumare nell’infinito spazio in una visione sublime di tetti e curiosi comignoli. Seduti sulla scalinata che conduce alla candida basilica del Sacro Cuore, il pensiero è libero di correre dove più gli è congeniale, sempreché si riesca ad estraniarsi dalle frotte turistiche che perennemente assediano il luogo magico.
Nel passato, sul finire del 1800, le cose erano ben diverse. Montmartre era il posto bucolico ed agreste di tanti vigneti e mulini a vento, anche se gli artisti già allora l’avevano scelto come dimora abitativa e di lavoro, perché gli affitti erano più accessibili di quelli praticati a Parigi. Gli atelier brulicavano di opere e miseria: pittori, musicisti e scrittori vi conducevano una vita difficile, ma abbastanza libera dalle pressanti regole sociali, che ritenevano di impedimento all’immaginazione.
Bohémien vennero definiti allora questi personaggi, non perché provenienti dalla Boemia, ma per il loro stile di vita libero quale quello dei Gitani, ritenuti – a torto – il nucleo più corposo della popolazione Ceca.
Oggi Montmartre è ancora un quartiere tanto suggestivo con le sue basse case, i vicoli, le luci dei lampioni, ma necessita di una forte tara per tutta la finzione che vi si è andata via via insediando fino a minarne l’anima. Qualche storico ritrovo come Le Moulin de la Galette ricorda euforiche atmosfere passate, immortalate con rara maestria da Pierre-Auguste Renoir e ugualmente vorrebbe fare il leggendario cabaret Au lapin agile.
Lontano dal vocio della folla in cerca di facili emozioni e souvenir a buon mercato, si trova un luogo sacro e raccolto dove si fa esperienza di un’atmosfera solenne e al contempo serena: il Cimitero monumentale di Montmartre.
Merita senz’altro una visita per ritrovarsi in dialogo con i grandi del passato che qui riposano, come negli altri due cimiteri centrali di Père Lachaise e Montparnasse. Sono luoghi di pace, di memoria e di meditazione dove non fa stupore trovare su molti tumuli, risalenti a un lontano passato, un fiore fresco, una lettera o qualche altro segno di gratitudine per il tanto che quei defunti hanno lasciato in eredità alle generazioni successive, che continuano a rendere loro merito con gesti semplici e spontanei.
Sempre nel cuore della città si sviluppano le più belle piazze. Sono tante, alcune di sconfinata proporzione destinate al prestigio nazionale e alla rappresentanza, come la centralissima intitolata al presidente Charles-de Gaulle, più conosciuta col suo precedente nome: Place de l’Etoile.
Le mie preferenze vanno però a quelle più raccolte, “conchiuse” perché hanno il fascino della tranquillità e consentono di apprezzare al meglio le particolari atmosfere che da esse si sprigionano. Quella dei Vosgi, la più antica di Parigi, ne è splendido esempio.
Chiusa nei quattro lati da nobili palazzi, con porticati che celano negozi d’antiquariato o gallerie d’arte, ha nel suo centro un giardino ombroso di siepi e piante d’alto fusto che, nei periodi di grande calura, si rivela un felice rifugio alla stanchezza dell’intensa vita urbana. Seduti su comode panchine, inebriati dal profumo dei tigli, lo sguardo compiaciuto posa sugli storici palazzi – voluti e ideati dallo stesso re Enrico IV ai primi del 1600 – identici per fattura e altezza, tanto da costituire un’artistica protezione per la regale piazza.
Al re Luigi XIV va invece attribuita la volontà di far edificare una tra le più lussuose piazze di Parigi: Place Vendome.
A base ottagonale, è anch’essa tutta cinta da sontuosi edifici che sono un prezioso esempio di stile classico, sobrio e austero, nonché espressione di ideali di potenza e grandezza avvicendatisi nel corso della storia. Si rivela magnifica specie sotto i cieli plumbei, quando la nera ardesia dei regali tetti gareggia con la cupezza delle nuvole. Oggi è il luogo privilegiato dell’attuale opulenza: vi si affacciano i negozi dei più importanti marchi ed elevati prezzi. Su me non hanno sortito alcuna presa, essendo estranea – per condizione sociale e mentale – a tale tipo di “richiami”.
Tant’altri sarebbero gli spazi d’incontro da noverare, ma l’intento della mia scrittura non ha certo la pretesa di essere esaustiva, mi spiaccio per non aver fatto cenno alle tante chiese: fulcro di religiosità, simboli di potere e soprattutto veri monumenti d’arte. Ritengo “oltraggioso” non aver speso parole per i bei giardini, i due immensi bois, certi quartieri dalla vita particolare, il centro culturale del Beaubourg che, solo per la sua struttura, vale una visita. Lascio quindi il non detto – che è molto – al piacere della scoperta personale, che ognuno da sé farà sull’onda di un proprio sentire.
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Le foto:
Arche de la Défense e la fontana Yaacov Agam: Coldcreation, Creativecommons, (CC BY-SA 2.5).
Montmartre: hipopx.com, Creative Commons Zero (CCO)
Place de l'Étoile: Des Racines et des Ailes, Creative Commons (CC PER 3.0)