Disposta a falce di luna, sorride al mare una terra dall’alto di monti e di colli di lauro vestiti, di pini al vento fruscianti in concerto con le onde, di lecci vetusti e possenti e pure di palme vertiginose, smanianti a cogliere il primo e ultimo raggio di luce. Erbe e cespugli odorosi le fan da tappeto, fiori spontanei e di serra la impreziosiscono.
Ѐ la Liguria!
Una regione che tanto sorprende perché colore e calore mediterranei si mescolano ai ritmi frenetici di luoghi ad alto sviluppo economico nella stupefacente alternanza di oasi di pace, dove la vita trascorre distesa e pacata e il tempo pare non esistere, ad aree in cui tutto procede di fretta. Un connubio che balza evidente sin dai percorsi autostradali ricavati a fatica sfidando l’asprezza dei monti in un continuo susseguirsi di ponti e gallerie, da cui, come quadri in una speciale pinacoteca, di colpo scompaiono e appaiono, tal quale a miraggi, immagini di promettente tranquillità nel mezzo del perpetuo frastuono del traffico diretto alle tante località balneari, ai grandi porti locali e all’estero verso Francia e Spagna: sono scorci brillanti di mare con su vele bianche che pigre si lasciano andare alle brezze; minuti paesi tuffati nell’oro dei limoni, stretti – per non scivolare – a versanti scoscesi intagliati a terrazza, fitti di vitigni pregiati e di argentei ulivi.
Diversi luoghi costieri in Italia spartiscono tratti comuni con questi accennati, nessun litorale però si identifica in altri, per una sua identità che lo fa unico, riconoscibile e irripetibile. Quello amalfitano, ad esempio, che per conformazione e per alcuni aspetti parrebbe più somigliare al ligure, a mio parere, ne differisce per via di un colore più acceso e a contrasto, che intaglia deciso cose, persone e natura. Più tenue, diffuso, meno impattante sembra a me invece il cromatismo che contrassegna tanto ligure paesaggio marino; lo involge di serena dolcezza, ne attenua il tono immediatamente ridente per farne emergere atmosfere più raccolte e intime.
Si tratta di sfumature, ma che talvolta fanno la differenza e vorrebbero cogliere lo spirito autentico riposto nei luoghi, senza peraltro dar adito a sciocchi confronti che implichino giudizi di valore.
Non farò appello ai tanti paesi e città ubicati in questa regione nell’intento di fornirne un quadro esauriente; sarebbe un’impresa ardua, complessa, prolissa, probabilmente noiosa. Mi soffermerò, quindi, a narrare e descrivere quelli che per me rappresentano i luoghi dell’anima.
Comincerò da Camogli, un piccolo centro della riviera di levante. Un borgo di origine antica, abitato sin dall’età del bronzo, ma formatosi nel Medioevo nell’aspetto primario in cui oggi appare. Sul suo nome tanto si è disquisito senza arrivare, come spesso accade, a qualche etimologica certezza. Mi paiono simpatiche ed efficaci le spiegazioni che rimandano il nome alle espressioni dialettali di Cà moge, ovvero casa delle mogli, in quanto luogo abitato principalmente da donne i cui mariti erano sempre fuori per pesca e navigazione e di Cà muggi, cioè di case a mucchi, riferito all’addossamento delle alte case prossime al porticciolo. Ricco di fascino è il nucleo vetusto che sporge da uno sperone roccioso, un tempo isola e poi collegata alla terraferma, su cui sorge una romantica chiesa addossata al castello della Dragonara. Il suono argentino della campana scandisce un tempo fuori dal tempo che restituisce una dimensione umana a un mondo troppo veloce e poco disposto all’ascolto. Ineguagliabile è il canto del mare che filtra tra la ghiaia minuta della piccola spiaggia in una risacca ora lenta e melodica, talvolta minacciosa e irruente che veglia su questo angolo di paradiso, protetto da case dai vivi colori che si spingono al cielo per non consumare troppo suolo.
Il paese, ormai divenuto cittadina, non ha perso il volto originale di luogo e di gente votati alla pesca e neppure il turismo l’ha privato della sua vita autentica; lunghe reti di corda, simili a ragnatele, stese ad asciugare sui moli lo attestano, come pure le voci dei venditori che rimbalzano tra i vicoli e invitano all’acquisto dei frutti di mare e di terra. In occasione della festa del patrono San Fortunato, nei giorni 7 e 8 maggio, viene allestita la sagra del pesce; in un gigantesco coreografico padellone si procede alla frittura di tonnellate di pesce fresco. Una gioia per gli occhi e per il palato!
A Camogli sono aggregate alcune frazioni di grande interesse paesaggistico, quella di San Fruttuoso è la più nota. Vi si può accedere per via terra passando dai colli attraverso sentieri che si fanno largo tra una rigogliosa macchia mediterranea o, più comodamente, per mare con frequenti battelli. Ad attendere i visitatori, entro l’arco di una piccola baia, c’è solamente un’abbazia medievale molto suggestiva che si specchia nelle prospicenti acque cristalline, dove immergersi equivale a rinascere.
Un altro centro, di fama mondiale, vicino Camogli è Portofino. Della sua bellezza è superfluo dire, s’impone da sé, ma un turismo d’élite condotto all’eccesso l’ha snaturato e reso un po’ finto.
In continuità e in contrasto coi piccoli centri è la grande città: Genova.
Ad essa va tutta la mia simpatia poiché nella sua vastità ed importanza ha mantenuto in tanti suoi angoli un volto popolaresco, di cui i caruggi – stretti vicoli dei più vecchi quartieri – sono testimonianza. Qui, tra alti palazzi che quasi si toccano, traù centrali e prestigiose segnate da dimore aristocratiche, un tempo proprietà delle potenti famiglie genovesi, trasformate in seguito in oscuri passaggi si praticano le attività più svariate legali e illegali, in un brulichio di gente di etnie diverse e in un’atmosfera di fascino e mistero. Non mancano vie pimusei o adibite a funzioni pubbliche che, per bellezza, occupano un posto speciale nel patrimonio artistico. Chiese in stile Romanico Pisano attraggono con luminose facciate su cui si alternano fasce marmoree bianche e scure sul modello spagnolo musulmano, considerati i passati contatti con tali civiltà. La città ha origini antiche e vanta un’illustre storia che nel Medioevo ha toccato livelli di forte splendore essendo Genova capitale della Repubblica marinara; fiorente per le attività mercantili, navigatorie e di conquista. Lo stesso Francesco Petrarca, in un suo viaggio la descrisse con ammirazione definendola Signora del mare e Superba nell’accezione di orgogliosa ed altera. Un passato florido e prospero che continua a tutt’oggi grazie ancora al suo porto, a importanti insediamenti industriali e al turismo.
Dedico un ultimo cenno all’acquario, tra i più grandi in Europa, allestito per celebrare Cristoforo Colombo e la scoperta del Nuovo Mondo; di fatto il più bel omaggio che una città marinara abbia potuto pensare per il mondo acquatico.
Dall’azzurra esperienza, popolata di fantastiche presenze, emergo stordita e rapita congedandomi all’insegna della meraviglia.
Le foto (tutte Wikimedi Commons) sono di
Castello Dragonara: Alessio Sbarbaro (CC BY-SA 2,5)
Abbazia di San Fruttuoso: Twice25 (CC BY 2,5)
Portofino: Michal Osmenda (CC BY 2,0)
Vicolo del Fieno: Alessio Sbarbaro (CC BY-SA 2,5)
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