La montagna in mezzo al mare, dove gli antichi pastori comunicavano con i richiami cantati. Tra asprezze di contrafforti e fantastiche spiagge segrete. Parte prima.
di RITA BARTOLUCCI
Parlar di viaggi mentre imperversa il “Covid” e la precarietà è l’unica certezza, potrebbe risultare persino urtante; nemmeno l’articolo vuol essere d’evasione da una realtà che costringe e soffoca, se mai un invito a non abbandonare la speranza in un futuro più allettante e generoso.
L’iter che propongo si sviluppa entro e lungo un’isola; prediligo tale realtà geografica poiché “solitaria” in mezzo al mare, che la cinge quasi a volerla preservare in una favolosa purezza originaria. Insomma la vagheggio come un eden sfuggito al caos del mondo, come un nulla che tiene tanta compagnia. Probabilmente questo mio stravagante atteggiamento di donchisciottesca memoria dipende – proprio come nel caso del nobile e invasato cavaliere – dai troppi libri d’avventura divorati in quell’età dorata che lascia segni indelebili nel lungo cammino successivo; o, forse, discende da una naturale propensione alla solitudine vista come ricerca d’intimità.
Quella di cui intendo parlare è propinqua al nostro territorio, da esso fortemente influenzata senza peraltro averne fatto mai parte integrante. Insomma: italica nell’anima; straniera per trascorsi singolari.
Forse soltanto naturalmente Corsica.
Simile per struttura fisica alla Sardegna – sua vicina sorella – eppure nell’insieme molto diversa da essa, appare la Corsica a un primo sguardo.
Terre di venti entrambe, da essi scolpite, modellate, rese cangianti da soffi carezzevoli o irruenti, come sculture luminose emergono dal blu marino quali dee dall’onde.
Staccatesi all’unisono in un solo blocco dalla grande placca europea nella zona della penisola Iberica e Francia meridionale in un lontanissimo passato geologico, hanno poi vagato a lungo strette assieme urtando e vorticando nel Tirreno fino a spaccarsi in frantumi vari, dando origine a isolotti e arcipelaghi per andare da ultimo a posizionarsi nelle forme in cui oggi appaiono.
Ѐ occorso un tempo smisurato perché tali processi si dessero e mai concluso, perché la trasformazione è l’anima naturale del pianeta e la sua fisionomia andrà mutando anche nell’avvenire. Si tratta di fenomeni complessi su cui non ho la competenza di addentrarmi; però fondamentali non solo per capire le ragioni della fisicità di un territorio, ma per coglierne l’incidenza sulla storia antropica nei risvolti socio-economici, culturali e politici.
Poiché, se è vero che gli uomini “fanno” una terra, è altrettanto certo che anche una terra “fa” gli uomini.
L’isola è stata definita come una “montagna in mezzo al mare”, tanto la sua struttura è fatta di rilievi che l’attraversano da Nord-Ovest a Sud-Est, spesso rinforzati da contrafforti la cui asprezza è risultata tanta e tale da determinare uno stato di profonda separazione tra aree abitative magari non distanti in linea retta, ma così difficili da raggiungere che, per ovviarvi e per comunicare, gli antichi pastori ricorrevano alla tradizione dei richiami cantati.
Ha spiagge di grande attrattiva per il colore della sabbia, la vegetazione mediterranea che le contorna, le forme particolari in cui si articolano, ubicate soprattutto nell’area meridionale.
Proprio dal contrasto tra l’interno alpino, ricoperto da fitti boschi di latifoglie e conifere, e il mare erompe la sua autentica personalità. Là dove le due realtà sono poi molto vicine, si ha l’impressione di vivere al contempo in dimensioni tanto diverse da riceverne un senso di piacevole disorientamento e straordinaria sorpresa; come di chi, avendo scelto come meta il mare, venga a trovarsi immerso in una visione dolomitica o viceversa. Del resto la storia geologica lascia i suoi segni e – nella parte Nord – la Corsica altro non era se non il proseguimento del sistema occidentale alpino.
Proprio in quest’area si trova un ambiente di particolare e suggestiva bellezza che, essendo area protetta, è stato volutamente lasciato alla sua integrità fisica e non dotato di quelle infrastrutture che solitamente agevolano il visitatore.
Si tratta del Deserto delle Agriate. Che, ad essere precisi, non è un deserto vero e proprio, in quanto ha una sua vegetazione, ma manca di qualunque traccia di intervento umano e perciò appare solitario e vuoto.
Ѐ un territorio spazzato dal vento e, in estate, soggetto a un calore torrido; un tempo era una distesa di granai e proprio dalla deformazione del termine latino ager prende il nome. Ѐ forse l’angolo più selvaggio della Corsica; l’accesso dal mare è il più consigliato per visitarlo e godere di due fantastiche e segrete spiagge: Lotu e Saleccia. Sono lidi splendidi per chi ama la natura non imbellettata e non pretende sabbie finemente rastrellate, prive di alghe o qualsivoglia altra presenza marina. Le acque cristalline e i candidi arenili giungono inoltre come un miraggio da un contesto impervio che si fa, prossimo alla riva, verde di pinete e cespi profumati, per dar ristoro a quanti si sono fatti conquistare dalla sua schietta bellezza.
Sempre nell’alta Corsica, nella regione della Balagne, si profila un tratto costiero dai colori così accesi, da sembrare irreale o frutto di un’impetuosa mano d’artista. Rocce di porfido rosso vivo spiccano da un mare blu intenso, orlato da candide spiagge. Vi sorge un borgo, ormai divenuto centro urbano: l’Isola Rossa. Il piccolo comune, fondato da Pasquale Paoli nel 1758 (uomo politico e militare, ritenuto “Padre della patria corsa” per aver guidato la lotta a favore dell’indipendenza della Corsica da Genova), si trova dirimpetto a un isolotto al quale è collegato mediante una strada rialzata. Passeggiarvi sul far del tramonto, quando il sole accende di fuoco gli scogli e indora le piccole case, è fonte di grande emozione. Il mercato coperto è un’altra grande attrattiva sia per il “teatro” di vendite e acquisti, che a ogni ora va in scena, quanto per la struttura stessa modellata sull’esempio del tempio greco, ma da esso discosta per finalità più terrene.
I centri costieri più importanti dell’area Nord sono quelli di Bastia e Calvi, entrambi fondati dai Genovesi tra la fine del 1300 e il 1400, che ancora oggi recano viva l’impronta ligure nelle case dalle alte facciate nei tipici colori pastello di tale regione italiana. Se ne ha conferma non appena si giunge in traghetto dal porto di Livorno a quello di Bastia, dove sorprende l’idioma francese, data anche la gran vicinanza con la nostra penisola. La cittadina compare addossata ai pendii di un promontorio roccioso e subito manifesta la gran somiglianza con tante liguri località, soprattutto nella zona del Vecchio porto, dove le barche con le reti stese ad asciugare, i panni sventolanti dai balconi, le palme che spuntano alte dalla vicina piazza di Saint-Nicolas restituiscono immagini familiari ai visitatori italiani. Peccato che la città venga spesso considerata prevalentemente come punto di approdo e passaggio per altre mete, mentre meriterebbe di maggiore attenzione.
(1 -Continua)
La foto Deserto delle Agriate è tratta da Pinpin, Wikimedia Commons (CC BY-SA 3.0)
La foto Bastia è su licenza gratuita Pixabay
La foto Porto di Calvi è di Pascal Poggi, Flickr, Creative Commons (CC BY-SA 2.0)