Le parole, i gesti, le galanterie, le regole del corteggiamento trovano ancora spazio nelle arene sociali sempre più dislocate della società globalizzata? L’arte della seduzione viene ancora praticata negli universi relazionali atomizzati e discontinui dell’oggi oppure giace confinata nei meandri del nostro passato più remoto? Qual è il significato dell’amore presso coloro che lo cercano senza muoversi da casa, attraverso i siti web e le applicazioni per gli incontri?Chi volesse risposte a queste domande può trovarle in una recente, interessante ricerca di Rita D’Amico, psicoterapeuta e ricercatrice del Cnr (Amori oggi. Piaceri e tormenti del dating online, il Mulino, 2021) che ragguaglia sulla rivoluzione epocale prodotta da Internet nell’ambito delle relazioni sessuali e sentimentali.
Dato per acquisito che il rapporto uomo/donna, le abitudini sessuali, le espressioni affettive hanno attraversato nel tempo inevitabili cambiamenti, è fuor di dubbio che la contemporaneità e, in particolare, l’era di Internet hanno prodotto il crollo delle armature erette, nei secoli, per l’ordine del rapporto tra i sessi. Così, per esempio, i tanti che oggi cercano amore, sesso e amicizia attraverso la Rete disegnano paesaggi sociali del tutto inediti a fronte del passato, affidandosi a copioni spicci, brevi, disinvolti, disimpegnati per raggiungere l’obiettivo. Fra questi internauti alla ricerca d’affetto la conoscenza avviene online prima di incontrarsi di persona e quando ci si incontra si può arrivare «all’intimità fisica molto velocemente. Dopodiché, l’amore arriva oppure no» (op.cit., p.9).
Questo mercato degli incontri sembra, dunque, fertilizzare due prevalenti tipologie sociali: quella del consumatore integrale che si libera dalle ansie della progettualità e si affida a sensazioni sempre nuove e stimolanti anche sul versante dell’amore, dell’amicizia, del desiderio, nascondendo con la prossimità virtuale la propria incapacità di condividere la vita con altri; e quella del velocista sociale che si muove disinvoltamente (assai più che nel passato) nello spazio delle relazioni sentimentali e non si fa scrupolo, alla bisogna, di praticare il ghosting, ossia sparire senza fornire alcuna spiegazione in merito. Ovviamente, nello spazio degli incontri combinati dai motori di ricerca non mancano casi di successo e relazioni che portano al matrimonio, ma neppure (come appena accennato) frustrazioni e delusioni e, talora, violenze, truffe sentimentali e finanziarie favorite dalle informazioni personali che gli utenti condividono nel profilo nonché dalla geo-localizzazione delle app.
Il dating on line testimonia, dunque, un vistoso cambiamento in atto sui modi in cui è vissuta la sessualità e gli stili di vita in generale. «È comunque realistico credere –sostiene Rita D’Amico- che gli incontri online saranno una parte importante del panorama sentimentale e sessuale del prossimo futuro. Vedremo solo con il tempo se questa rete sociale così seducente avrà un’influenza considerevole sulla capacità di amare delle persone e sul desiderio di impegnarsi in relazioni monogame a lungo termine» (op.cit., p.162).
Già queste brevissime notazioni inducono a chiedersi cosa si intenda oggi per “amore”, una parola tanto abusata quanto versatile a coprire solidi vuoti. Il che, peraltro, non stupisce. Nel tempo del consumismo e del permissivismo diffusi e praticati le relazioni tendono a moltiplicarsi ma anche a perdere di sostanza e, assai spesso, addirittura a smarrire il proprio significato. Non casualmente, già nel 2003, nel suo Liquid Love. On the Frailty of Human Bonds Zigmunt Bauman allertava sull’aumento, nella contemporaneità, delle relazioni virtuali che appagano l’istante ed espungono da sé tutto ciò che attiene a impegno e responsabilità. E aveva ragione. La società dei consumi ha in dispetto la stabilità e, pertanto, non chiede né dà fedeltà, e la cornice sociale eticamente permissiva (che le fa da spalla) rinvigorisce l’idea che tutto è consentito, inclusi gli affetti tascabili, i legami fragili e precari che si tirano fuori al momento, quando servono, e si ripongono quando hanno svolto il proprio compito. Commercializzare la propria vita (compresa quella intima e affettiva) costituisce, quindi, l’ineliminabile esito della odierna logica del consumatore che trasforma tutto in merce smaltibile, incluso sé stesso. Dunque, rivolgersi al web per scegliere/acquistare un partner obbedisce a una tendenza molto diffusa che, peraltro, minimizza i rischi e riduce le responsabilità di un rapporto affettivo perché basta un semplice movimento di un dito, la pressione su un tasto del computer, per interrompere una relazione.
Ma la parola “amore”, usata in modo poroso, disinvolto, difettoso, erratico, pendolare contribuisce vuoi a diffondere le logiche egoistiche, narcisistiche, generatrici di solitudine, vuoi a compromettere l’impianto della stessa convivenza sociale. Si pensi, al proposito, a quegli aggregati familiari o, meglio, a quei cespugli familiari disimpegnati e distratti che non sanno produrre comuni intese valoriali e progetti di vita; oppure a quegli ambigui legami che allacciano in un medesimo rapporto l’amicizia con l’intimità fisica, le cosiddette “amicizie erotiche” (ovvero fare sesso senza complicazioni con qualcuno che si conosce bene e con cui ci si sente a proprio agio) che educano a ritenere una risorsa la "freddezza dei sentimenti” e la capacità di non amare (Rita D’Amico, Le amicizie erotiche, FrancoAngeli, 2015). Non servono, quindi, particolari alchimie concettuali per comprendere che coltivare le espressioni negligenti, svaporate o reificate di questo sentimento rappresentano un alto rischio per la società, perché contribuiscono a opacizzare o, peggio, a destabilizzare l’impianto di progettualità collettive di lungo periodo.
Sappiamo bene che l’amore si declina all’interno di numerose, differenti tipologie e si esprime in una molteplicità di sfumature e di significati anche contraddittori. Il catalogo dell’amore dispone di molte pagine: può indicare premura, consonanza, coinvolgimento, sollecitudine, tenerezza, amicizia, reciprocità, fedeltà, ma anche esprimersi in forme patologiche, negative, scure come quelle che ingabbiano in comportamenti prescrittivi, repressivi, subordinati, sottomessi, regolamentati da asimmetrie e condizionamenti (come avveniva in passato e come, peraltro, tuttora avviene in ambienti dominati dall’ordine patriarcale). Non ogni forma di amore, dunque, è nobile ed evoluta; non ogni forma di amore fa leva su relazioni interattive che irrobustiscono l’autonomia dei soggetti che coinvolge; non ogni forma di amore promuove rapporti selettivi e scambi reciproci emotivamente controllati di azioni, servizi, intenti. Ma l’amore (varrebbe ricordarlo) non abita spazi metafisici, non procede in modo autopoietico, non è separabile dalle forme di socializzazione e di educazione, non prescinde dal piano della riflessività, non costituisce una piacevole sensazione o un fortunato incontro. È un’attitudine coltivata, un orientamento evoluto della personalità che implica un atteggiamento etico verso la vita.
Per tali motivi al sentimento dell’amore si dovrebbe prestare, oggi, particolare attenzione e, meno che meno, lo si dovrebbe disinvoltamente inserire nel vocabolario delle “parole nomadi” che assumono incertezza semantica perché la realtà è uno spazio non più garantito. Il rischio che possa contribuire a legittimare espressioni sociali sempre più dissipative, incostanti, disgreganti è assai verosimile. È questa eventualità che deve (dovrebbe) preoccupare, perché l’assenza di profili sociali capaci di praticare la responsabilità, la fiducia, la cura, l’impegno, ossia gli ingredienti-base della socialità, può tradursi in esiti rovinosi per la società che, vale tenerlo a mente, non va vissuta come un permanente contenitore di pezzi di ricambio.