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 NewsLetter 

Blog collettivo fondato e coordinato da Nando Cianci - Anno VIII   -  2024

UNA STORIA ESEMPLARE

 

COSTANTINO FELICEÈ arrivato da poco in libreria il nuovo lavoro di Costantino Felice, già docente di storia economica all'Università D'Annunzio. Ne forniamo qui un quadro d'insieme.

«Una gigantesca opera di manomissione ambientale dopo l’Unità trasforma il lago del Fucino in una terra fertilissima. Palcoscenico, nel secondo dopoguerra, delle lotte contadine che portano alla riforma agraria, diventa poi scenario di processi economici e sociali tra i più ricchi e significativi dell’Italia repubblicana. Da lì partiranno mutazioni che, pur tra limiti e contraddizioni, lo trasformeranno in un distretto agroindustriale d’eccellenza su scala globale».

storia esemplare

È difficile trovare – non solo nel Mezzogiorno ma nell’Italia intera – un’area così carica di storia come il Fucino. Da qualunque versante dell’agire umano lo si consideri: tecnico-ingegneristico, artistico-letterario, politico-sociale, agricolo-industriale. Immancabile meta dei voyageurs sette-ottocenteschi (e anche di età successiva), quest’ampia conca intermontana ha ispirato suggestive pagine della narrativa diaristica; ma soprattutto è diventata poi, come tutti sanno, lo scenario grandioso e palpitante della migliore letteratura siloniana. Altrettanto significative le vette che vi ha toccato il sapere tecnico: al centro di progettazioni ardite e avveniristiche fin dall’antichità, l’ingegneria idraulica del XIX secolo ne ha fatto oggetto infine – con il prosciugamento del lago e la messa a coltura del fertilissimo limo sottostante – di una gigantesca e discussa opera di manomissione, alterandone radicalmente i preesistenti quadri ambientali. Per secoli in balia dei vincoli e delle forze naturali, la piana fucense diventa a un certo momento, con i suoi numerosi manufatti e le sue geometriche squadrature, uno dei luoghi maggiormente costruiti e artificiali.
Il Fucino è stato anche fecondissimo terreno per la germinazione di solide forme della socialità e della politica. Intorno alle sue spettacolari vicissitudini – non a caso pervase da un alone di epicità e leggenda – sono andati consolidandosi interessi ed aspettative, si sono aggregati ceti e costruite corporazioni, è cresciuto un associazionismo contadino e proprietario dai tratti talora originali, oltre che insolitamente vigoroso e continuo nel tempo, specie dopo la riforma agraria, di cui proprio questa zona dell’Abruzzo è stata l’epicentro, fino ai giorni nostri. I suoi problemi sono stati spesso motivo di conflitti e dibattiti che, particolarmente nei periodi di maggiore tensione, hanno fatto maturare le coscienze, dando vita a movimenti di notevole portata. Lo scontro di classe, la contesa tra capitale e lavoro, tanto nei modi del loro svolgimento che nella soggettività dei protagonisti, vi hanno assunto spesso profili molto marcati, toccando punte di asprezza e di esemplarità che in certe fasi sono state di riferimento, se non addirittura di modello, per il complesso delle forze e degli schieramenti in campo a livello nazionale.
Ma è soprattutto sul piano delle dinamiche economiche che il Fucino ha funzionato da laboratorio. Per il modo stesso in cui era sorto – vasta estensione di vergini terre sottratte alle acque lacustri – il «latifondo Torlonia», anche dopo l’esproprio e la riforma del 1950, si prestava ad insolite sperimentazioni agronomiche e produttive. Le sue peculiarità lo ponevano di fatto al centro delle attenzioni: per tecniche colturali, ordinamenti agrari, assetti gestionali, fino allo straordinario distretto ortofrutticolo e agroindustriale che possiamo osservare oggi. Nelle sue forme di produzione e di organizzazione si esprimevano – come in parte accade tuttora sotto altre vesti – modalità imprenditoriali il cui significato andava ben oltre l’ambito locale e l’orizzonte familiare di un pur importante e potente casato romano. Vi si riflettevano, con forte impatto sulle strategie di livello nazionale, equilibri del mercato interno ed estero, indirizzi governativi, umori e orientamenti di classi e ceti sociali. Di qui il risalto – politico e culturale – dell’ampio e contrastato dibattito che ha accompagnato le tappe fondamentali della sua storia.
I giudizi ovviamente sono andati di volta in volta differenziandosi a seconda dei punti di vista e degli interessi in gioco: di solito positivi, com’era naturale, per la proprietà e gli apparati istituzionali; negativi per quanti – mondo del lavoro, possidenti e amministratori locali, settori della politica e della scienza – nelle scelte dei Torlonia, come poi in quelle delle forze politiche ed economiche preminenti, vedevano soprattutto miopia imprenditrice e volontà di dominio. Per gli uni il Fucino è stato (e rimane) un esempio di oculatezza gestionale e di progresso economico-sociale; per gli altri ha rappresentato un mostruoso impasto di oppressione e arretratezza. E anche ad osservarlo con l’occhio attento e disincantato della prospettiva storica, avendo presente ogni possibile variante e concausa, una valutazione univoca e sicura appare tutt’altro che facile. Il Fucino consente comunque di ragionare ancora una volta su tutta una serie di nodi tematici – logica nobiliare / logica borghese, economia/contesto, centro/periferia, Stato/mercato – che da sempre sono nelle riflessioni della migliore storiografia meridionalistica e nazionale.

    

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